Graziella Nugnes Metafora e Counseling organizzativo

IMMAGINABILI RISORSE. IL POTERE DELLA METAFORA NEGLI INTERVENTI DI COUNSELING ORGANIZZATIVO

– Graziella Nugnes, Responsabile del master

In questo articolo Margherita Dozzi, Counselor organizzativa e docente al master in counseling organizzativo, descrive il potere delle metafore negli interventi di Counseling organizzativo.

Buona lettura!

– Margherita Dozzi – Docente Master Counseling organizzativo

Non è sufficiente lavorare nello stesso luogo fisico, circondati da quattro muri, reali o virtuali, per definirsi un gruppo di lavoro; neanche darsi un obiettivo comune di per sé genera un motivato gruppo di lavoro e neppure la quotidianità del tempo, passato insieme, si traduce direttamente nello sviluppo di relazioni efficaci e positive.

Dentro le Organizzazioni diventa sempre più importante approfondire le dinamiche del gruppo di lavoro e soprattutto dedicare tempo e spazio affinché, mettendo al centro le persone che le abitano, si dia valore allo stare insieme.

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NON DI SOLO TEAM BUILDING VIVONO LE ORGANIZZAZIONI

L’intervento di Counseling Organizzativo si snoda attraverso un processo che non è esclusivamente relazionale ma anche euristico, di scoperta: attiva la ricerca delle risorse personali e del gruppo e permette di condividere nuovi e rinnovati sguardi, trovare nascoste soluzioni, sperimentare comportamenti innovativi.

Come diciamo spesso durante gli interventi, nella spiegazione del metodo, chi conduce non ha la verità in tasca ma “semplicemente” facilita un processo e rimane in fiduciosa attesa che il gruppo possa trovare da solo le soluzioni ad eventuali problemi.

Uno degli strumenti più efficaci ed utilizzati per attivare il processo di Counseling è l’utilizzo della metafora: di seguito descriverò un intervento di Counseling Organizzativo Euristico Relazionale in cui la metafora ha aperto il processo di consapevolezza individuale e di gruppo.

    EVADERE DALLA REALTA’ PUR RIMANENDO BEN ANCORATI AD ESSA: L’ESPERIENZA IN UN GRUPPO DI SEI PERSONE IN UNA COOPERATIVA

    Veniamo chiamate da una cooperativa di tipo A, che si occupa della gestione di servizi educativi e di strutture ricettive in Lombardia: la direzione ci affida la gestione di un gruppo composto da quattro uomini e due donne, che lavorano insieme, con ruoli diversi e con anzianità lavorativa differenti tra loro.

    Ci viene presentata la situazione del gruppo come densa di conflitti, a volte espliciti, con modalità operative difficoltose per il contesto lavorativo molto particolare, in cui raramente i membri hanno occasioni di scambio.

    Incontriamo per la prima volta questo gruppo in una assolata giornata invernale: ci appaiono subito molto preoccupati e timorosi e i Responsabili si mostrano distratti ed impegnati nell’utilizzo di alcuni dispositivi posti sul tavolo davanti a loro.

    Spendiamo una buona parte dell’intervento nella condivisione delle regole, nell’illustrazione del metodo e degli obiettivi e li facciamo subito alzare in piedi per proporre alcune attivazioni corporee: immediatamente le persone diventano presenti a sé stesse e al gruppo, la loro attenzione per quello che faremo diventa vivace.

    Il gruppo sembra polarizzato e diviso da sottili demarcazioni, alcune esplicite, come quella tra Responsabili e addetti ai servizi, altre più tacite e trasversali: percepiamo un gruppo molto frammentato ma che vuole dirsi qualcosa, la tensione a portare fuori emozioni e contenuti è emergente e palpabile.

      LA METAFORA COME SCAMBIO DI SGUARDI: L’APPLICAZIONE DEL CANALE EURISTICO DENTRO UN GRUPPO

      Marisa Miritello Teatrocounseling Corpo Flessibilità Master Graziella Nugnes

      L’esperienza proposta – la metafora – ha l’obiettivo di iniziare a far dichiarare ad ognuno come percepisce il gruppo, sé stesso nel gruppo e che visione di miglioramento ha.

      Viene consegnato un foglio bianco e messi a disposizione molti colori.

      Ognuno è chiamato a disegnare un’immagine che risponda a questa domanda: il gruppo per me è come ….

      Il lavoro è ben accolto e tutti iniziano subito a lavorare.

      Successivamente chiediamo ad ognuno di collocarsi nel disegno, integrare con un miglioramento lo stesso e mettere un titolo alla propria opera.

      Una volta finito il disegno chiediamo, in lenta successione, di collocare il proprio disegno nel foglio bianco della lavagna, tenendo ben presente anche i disegni degli altri.

      Una persona – che chiameremo Simone –  disegna un albero con dei ciuffetti giovani in basso e un innaffiatoio che perde acqua: si colloca nei ciuffetti, il miglioramento è un rattoppo all’innaffiatoio per non disperdere acqua. Il titolo è “possibilità”.

      Gli altri componenti del gruppo raffigurano un albero, un lombrico in un prato verde, due finestroni con sopra del verde, una raggiera di punti e cinque ingranaggi di differenti dimensioni.

      Nella condivisione chiediamo al gruppo di osservare questo insieme di disegni e di dire cosa vedono.

      Quasi tutti si esprimono e ne emergono le seguenti riflessioni: “mi sembra un puzzle con una assonanza”, “se uno entrasse adesso direbbe che bel gruppo”, “c’è molto spazio da riempire”, “c’è un senso del gruppo, non in accezione negativa ma di sviluppo”, “senso complessivo, di cura e di fiducia”.

        USCIRE DA QUELLO CHE SI CONOSCE: LA FORZA IMMEDIATA DELLE IMMAGINI

        Come facilitatrici vediamo subito dai disegni e dalla lettura da parte del gruppo una polarizzazione fra la visione degli operativi (più bucolica e ricca di natura) e quella dei responsabili (più meccanicista), vengono completamente ignorati da questi ultimi gli elementi di novità (ciuffetti, lombrichi) pur riconoscendo che il gruppo si manifesta con disegni fiduciosi e positivi.

        Aver compreso la visione gli uni degli altri rappresenta un momento importante, cogliamo espressioni più rilassate e meno giudicanti nei confronti dei colleghi.

        Il clima è più disteso e si ravvede curiosità per il lavoro degli altri.

        Negli incontri successivi struttureremo un percorso, utile al gruppo, per imparare a lavorare bene insieme, in cui la fondamentale esperienza della prima giornata ha permesso di conoscere e condividere importanti elementi emotivi, di motivazione e di aspettativa.

          L’UTILIZZO DELLA METAFORA NEL  METODO C.O.E.R.

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          L’utilizzo del disegno metaforico nel Counseling Organizzativo Euristico Relazionale rappresenta un’ importante tappa generativa di consapevolezza, sia della persona che del gruppo.

          In modo immediato (il tempo di un disegno), vengo messi nero su bianco, ma anche colorato su bianco, contenuti importanti che in base alla domanda della Counselor, rappresentano un importante e originale tesoro da esplorare.

          La spontaneità e semplicità del disegno, accompagnate dalla Counselor nel processo di facilitazione, sono subito leggibili dalla persona e dal gruppo.

          La metafora rappresenta la possibilità di un viaggio, che porta le persone al di là delle consuete modalità in cui vengono utilizzate solo parole.

          Immaginare che l’organizzazione, il gruppo, il compagno e la compagna di lavoro o se stessi come un albero, un ingranaggio o un lombrico, permette di accedere a significati nuovi, utili per superare punti di vista già esperiti, diventando materiale utile per sviluppare la consapevolezza delle risorse, l’evidenza dei margini di miglioramento, di sviluppo e di crescita.

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